Mi distesi sul pavimento con i jeans a metà, Free Incesto

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Usopp.
view post Posted on 15/6/2009, 18:47




Mi distesi sul pavimento con i jeans a metà - Free Incesto

Salve amici ! Mi chiamo Daria e sono una donna bionda con poche forme con un fratello minore rispetto a me. Sono di una città pugliese di nascita e vi risiedo al momento in cui scrivo queste note. Oggi lavoro un po’ dove trovo grazie alla mia laurea in tecniche bancarie. Mi ritengo una discreta donna di 32 anni quanto a bellezza. Cent’anni fa avrei potuto dire di essere figlia di questa cittadina barocca ed un po’ aristocratica, e non sarei stata neppure obbligata a cercarlo un lavoro, ed invece oggi sono una normale donna borghese nata in una famiglia agiata. Un lavoro è il minimo per una vita normale. Sono anche una donna sposata. Oggi il mio è un matrimonio felice; io almeno non ho niente da lamentarmi. Mio marito Davide mi ama; io lo ricambio come posso senza negargli mai una scopata quando la chiede. Il mal di testa l’avrò invocato tre volte in un anno e lui sempre pieno di comprensione … Al momento non abbiamo figli. Mio marito Davide non sospetta niente ma con Carlo, mio fratello, io finora l’ho tradito sessualmente diverse volte, più per un insano ritualismo interno tra me e mio fratello, che per convinzione. Sento il bisogno di trasgredire veramente ma senza rivolgermi fuori; solo ogni tanto comunque! Con mio fratello non ci fu, ne mai ci sarà una vera storia. Come amanti non saremmo durati molto: i nostri caratteri sono del tutto incompatibili. Lui, Carlo è un falso disinvolto, lingua lunga, io invece tendo alla riservatezza. Personalmente mi assumo il rischio che ne abbia parlato con gli amici suoi, che da parte loro, non gli crederebbero comunque. Mi conoscono come la responsabile di casa e mi rispettano. Mai una battuta su di me. Lui invece lo sanno che è uno sbruffone e vi dico io un falso biondino, spalle dritte, ma poco palestrato, che invece di farsi una ragazza duratura se la fa con qualche puttanella, neanche tanto carina, che però gliela dà senza farlo pagare. Ci resta assieme una mesata poi alla prima lite rompe. Proprio uno stronzo direbbero alcune … e di ragazze passabili non belle qui da noi o al mare ne trovano sempre meno. A modo suo è già famoso … o famigerato. Saranno sei mesi che si è arenato; decisamente in secca. Certo mio fratello un po’ mi ha sorpreso: da bambini abbiamo fatto il gioco della bottiglia. Ci siamo mostrati i rispettivi sessi, ma fare sesso penetrativo fra di noi, mai. Lo lasciavo anche dormire con me un paio di volte al mese, finché nostra madre non me lo proibì una volta per tutte; Lui, Carlo, si avvicinava alla pubertà ed a me le poppe erano già cresciute insieme a certi peli ! … come facevo a criticare nostra madre che me ne aveva imposta la separazione ? I nostri genitori ci avevano educato abbastanza ferreamente, anche se col tempo allentarono la presa; soprattutto quando crescendo io risoluta, o almeno abbastanza di polso, nostra madre non ci sorvegliò più. Non ci saremmo mai sognati di fare quel che abbiamo poi compiuto. Mio fratello cresceva bellino, ma rubacuori proprio no. La sua faccetta adolescente una qualche presa doveva pur farla. Aveva sempre avuto uno sguardo da ingenuo dietro al quale maturava lentamente un appassionato di amore anale. La sua vera passione non era il colon retto, ma piuttosto l’ano ancora roseo di noi femmine adulte, o comunque più grandi di lui. Che provava a spiarmi dal classico buco della serratura del bagno me ne ero accorta, e non mi disturbava. All’età delle sue prime seghe (il suo letto lo rifacevo io) aveva preso a spiarmi dal buco della toppa tutte le volte in cui eravamo soli. Lo lasciavo fare, e sceglievo di volta in volta se lasciargli intravedere un po’ della peluria pubica a mutande mezze calate o le natiche, ma le gambe non le allargavo mai troppo, ed in fondo oltre alla toppa c’era sempre un paio di metri. Forse se mi spiava al bidet al massimo al vedeva di tre quarti come direbbe un mio amico fotografo. Vulva intera e ben in vista mai, finché una volta non perdetti una scommessa; che io ricordi l’unica della mia vita, e pagai: Gli consentii di vedere la mia passera ad un metro davanti a lui. Lui chiese di potersi masturbare davanti a me che gliela sventolavo; non poteva toccarla, poteva però spipparsi. Io ero tenuta ad aspettare. Decidemmo di andare in terrazza della nostra casa del paese (dove all’epoca vivevamo) mentre i nostri genitori dormivano di pomeriggio. Alzai la gonna ad un metro da mio fratello Carlo e dopo un secondo con un gesto risoluto della mano sinistra mi feci cadere le mutandine reggendo la gonna rimboccata con la destra: i miei peli pubici biondini li poté vedere in luce naturale mentre ci riparavamo entrambi per via di un alto muro di cinta. Indietreggiavo non appena avanzava di un cm … a mio fratello non era consentito avvicinarsi oltre; se no avrei urlato; lui si spippava senza successo; il suo imbarazzo era evidente e non gli si ingrossava nonostante il bel panorama. Nessuno era in grado di vederci in quel momento così intimo in cui veniva messo alla prova. Era divertente vedere come si dava da fare. Colta da pietà per lui gli feci segno di non muoversi con la mano, mi avvicinai io, e facendogli tenere la gonna rimboccata in alto (se voleva vedermela) glielo presi in mano e lo masturbai personalmente. Il contatto con la mia manina gentile gli piacque e sborrò in una ventina dei miei amorevoli, leggeri, colpetti; gli diventò duro quando trovai necessario scappellarglielo; riuscii a farlo con risoluta dolcezza; la bellezza del mio sesso biondo, con qualche sfumatura nera naturale, fece il resto. Mi ritrovai la sua sborra sul palmo della mano, e me la pulii istintivamente sui suoi pantaloni, che non si era nemmeno calati. Io da parte mia qualche sega ai miei fidanzatini della scuola media l’avevo già fatta, e sapevo carezzare le palle. Carlo invece, pigro o distratto, il suo bel cazzetto lo aveva solo tirato fuori dalla patta. Si era perso le stupende carezze che sapevo fare. Fu contento lo stesso. Per ringraziarmi mi voltò e baciò il mio culetto tutto bianco col segno del costume; lo fece con uno scatto rapido senza cercare minimamente la congiunzione col pisello; mise un po’ di lingua verso l’ano esitando qualche istante; gradii quel dolce ed umido solletico, ma mio fratello aveva già ottenuto abbastanza, e voltatami a mia volta, lo respinsi con uno spintone. Mi dispiacque, ma esitando avrebbe proseguito troppo oltre … comunque scommessa pagata. Stop. Tornammo “innocenti” dabbasso. Tanto i nostri vecchi dormivano beati ed anche noi fingemmo di aver riposato. Non gliela feci più vedere da così vicino, né per molti anni glielo presi più in mano. II nostro intreccio erotico, genitale, materialista iniziò dopo alcuni anni da quest’episodio della scommessa, quando eravamo due ex adolescenti proiettati verso l’età adulta. A causa di una nostra lite. Un giorno di molti anni fa,- eravamo due ragazzi grandi,- mio fratello mancò per tutto il giorno per una gita scolastica a Roma di due giorni. Mio padre in ufficio fino a sera; io ero appena tornata da scuola, ed essendo assente mia madre che quel pomeriggio doveva andare dal dottore mi ritrovai da sola in casa. Ero annoiata. Mi feci da mangiare qualcosa di rapido; mi aprii una birra visto che i genitori non c’erano poi dovendo andare al bagno a fare pipì feci una scoperta. Lo sguardo, rilassata per aver vuotato la vescica, mi andò alla lavatrice di fronte al water. Qualcosa faceva capolino da sotto di essa sul davanti. Mi dissi che doveva essere uno dei giornali porno con cui usava stra-segarsi mio fratello fino a qualche giorno prima. Era da un bel po’ che sapevo cosa leggeva al bagno e a letto … La pornografia da ragazza non mi aveva mai interessato; la consideravo una malattia mentale-sociale dei maschietti dalle pallette infelici. Pensai: ma in fondo che male c’è se lo guardo un po’ ? Quasi quasi … Tanto la mamma torna alle quattro, se non dopo. Prima mi pulii la vulva dalle gocce di pipì, poi tirai fuori il porno, neanche a dirlo VM18, dal sottolavatrice restando seduta nel water. Cominciai a sfogliarlo senza molto interesse; qualche bell’uomo con un signor bel cazzo c’era; belle fiche a profusione; tutte noiosamente penetrate e sborrate all’esterno. Non mancavano neanche i culi, penetrati impietosamente anche quelli ! Guardai quelle immagini più volte e niente. Non ero eccitata per le immagini. Per noi donne contano molto meno. Per noi è più importante un’illusione di sentimento; un bel lungo colpo di lingua sul nostro corpo; dei baci continui con opportune e non volgari parole almeno un po’ romantiche, e quant’altro … dopo di che qualunque donna è disposta lei stessa a farsi aprire, sempre con romantica calma, in qualunque buco ! Bisogna saperci prendere a noi donne, col cervello soprattutto; le vostre manacce di maschiacci (-e non sempre ben pulite! - ) vengono dopo. Molto dopo … imparate ad amare e l’industria porno sarà la prima a chiudere...Vedendo quelle immagini statiche e monotone la vulva mi rimase asciutta. La mia eccitazione sorprendentemente mi prese quando rimasi turbata da alcuni fogli di carta che trovai tra le pagine finali di quella rivista. Questi fogli da disegno, inseriti bene come a formare delle pagine supplementari non si sarebbero mai notati se non andando a sfogliare la pagina. Erano bianchi. C’erano dei disegni. Quattro, uno per facciata, eseguiti a matita morbida. Purtroppo toccandoli lasciai la mia impronta digitale sul foglio. Mio fratello Carlo in disegno era sempre stato bravissimo. Per qualche ragione non ha voluto fare l’istituto tecnico artistico. Preferì seguire gli amici a ragioneria … Il mio turbamento montò sottoforma di brividino e contrazione allo stomaco che attraversò il mio corpo; solo in quel momento mi resi conto di essere ancora senza mutandine: in quei disegni, in realtà, c’ero io; sì nientemeno che io ! Ero nuda. La vagina, il clitoride, ed i peli del mio pube riprodotti alla perfezione; chissà come aveva fatto; segno quello che mio fratello, quando ero in bagno, mi spiava quando voleva. Conosceva il mio corpo nei minimi dettagli somatici. Non sono un gran bel pezzo di gnocca; affatto; abbastanza magra, e di tette non supero la IIIa, ma disegnò bene anche quelle. Quei disegni sembravano vivi. Non erano che tratti di matita. Sono bionda con i boccoli e solo quando sorrido sono dolce e materna. I miei occhi azzurri fanno il resto. Di statura non supero 1 metro e 65 con un pochino di tacchi. Ma ho dei bei fianchi ed un bel culo ! Questo sì ! Occhi azzurri o no, sulla quella carta ero in bianco e nero, e sembravo viva. In bikini pure mi avrà visto centinaia di volte, e qualche volta in maglietta bianca aderente dentro casa. Che abilità: gli sono sempre bastati pochi secondi per inquadrarmi ! Il problema era che la donna disegnata su quei fogli stava scopando. Manco a dirlo venivo messa a scopare da mio fratello, … con mio fratello; altro che la sega da adolescenti ! Mio fratello aveva fantasie più toste. Nel primo disegno gli offrivo la mia fighetta colante di piacere alla sua testa per il lecchino. Allargavo le cosce sul letto e la sua testa mi affondava davanti. Nel secondo disegno vengo scopata nel culo alla pecorina contro il tavolo del soggiorno; a margine disegnato il mio ano come particolare; come se fosse riuscito a contare le striature del mio sfintere. Mi chiedevo, ingenua, come avesse fatto. Nel terzo disegno faccio un pompino appassionato alla sua cappella. Nel quarto bagno il mio monte di Venere con il suo pisello sputa sborra in abbondanza. Disegni con i tratti somatici azzeccatissimi ! Praticamente fotografie. Fu questo a sorprendermi. Mi sorpresi a toccarmi la vagina mentre studiavo il disegno 2. Studiavo l’immagine in cui mio fratello mi reggeva i fianchi per scoparmi il posteriore; mi sembrava una sodomia. Era l’ano che desiderava sul foglio. Più la guardavo più mi eccitavo all’idea. Mi montò la voglia di un robusto massaggio alla vulva. Non lo avevo mai fatto spesso da quando scoprii a 13 anni l’autoerotismo da sola: ne parlai solo un po’ alla mamma, e lei mi disse che fatto con molta moderazione era normale e talvolta necessario, comunque piacevole; però dovevo farlo poco; non dovevo introdurci nulla … dovevo avere pazienza: il momento sarebbe venuto senz’altro. Ora ecco ben venti minuti di massaggio alla paperina che stavolta si bagnò e sbrodolai un pochino cercando la soddisfazione finale. L’amore lo avevo già fatto con un bel ragazzo dopo la terza media, durante le vacanze estive, tempo prima; non ero una verginella novizia. Un paro mio, il cui nome non dirò per proteggerlo, mi diede tanta dolcezza ed il suo pisellone mi entrò con tali sapienti colpi, che mi portarono all’orgasmo vero. Fui talmente contenta di aver perso la mia verginità che meditai persino di farmi mettere incinta. Poi desistetti. Ero sicura che avrei dovuto fare la ragazza madre, dato che lui si era rivelato un immaturo mani bucate. Gran chiavatore, ma poco responsabile. Ci lasciammo da amici tre anni dopo. Lui cambiò città con i suoi genitori verso il nord, io rimasi a decisa a finire il liceo e ad andare all’università. Beh, i disegni di mio fratello mi avevano mandato all’improvviso come dite voi maschi “la fica in tiro”. Non me li aspettavo, tutto qui ! Un demone però, come un virus, mi era entrato dentro provenendo da quei tratti decisi di matita. Bastarono pochi secondi. Volevo qualcosa che mi penetrasse. Andai in cucina, e presi uno di quei micro cazzetti di plastica che sono i dispensatori di sale e pepe. Ne presi uno, lo vuotai, lo lavai bene con l’acqua, e poi mi penetrai più volte. Sentivo la voglia montarmi; volevo eiaculare; aprii il frigo, ma mia madre purtroppo cetrioli non ne aveva comprati. Pensai a tutte le volte che li avevo ignorati. Ritornai in bagno; presi le mutandine che erano ancora a terra, raccolsi il porno di mio fratello e andai in camera mia girando per casa seminuda. Mi distesi sul letto avevo ancora la camicetta addosso. Sarei piaciuta un mondo a qualunque uomo in quel momento. Mi liberai della gonna gettandola sulla sedia del tavolino, e saltai sul letto in ginocchio a finire il lavoretto alla mia agitatissima fica, che si era subito attivata alla vista di quelle diaboliche scenette. Guardando nuovamente quei disegni mi menai l’oggettino in passera, e finalmente dopo una ventina di colpi, ed una contrazione addominale, rilasciando i muscoli me ne venni. Avevo macchiato i fogli con la mia sborretta femminile. Mi finii di smanettare la vulva ancora calda perché ne uscisse anche l’ultima goccia, poi andai in bagno a lavarmi la passera con un bidet di acqua fresca; volevo calmarla. Poi, dopo alcuni minuti di disagio e di rimozioni psicologiche dell’accaduto raccolsi i porno, e le mutandine e me ne andai a dormire; di quello che accadde dopo non ricordo più niente. Nessuno mi disse niente tornata a casa mia madre. Evidentemente avevo sistemato sotto il mio letto il porno per discrezione verso mio fratello, e reindossato la gonna. Dormii dimenticando che dovevo studiare. Svegliatami alle sei di sera, rivestita, mi misi a fare i compiti. Quella notte non fu una notte come tante; mi feci un altro ditalino prima di addormentarmi col micro cazzetto di plastica ripensando a quei disegnini. Nessuno vide che era sparito. Dovettero pensare che era andato perduto con l’immondizia. Mi addormentai rilassata con un pensiero che mi diede una certa quiete: era ora di cambiare; sapevo come funzionava la mia vulva; era ora di comprarselo un vero dildo nodoso e duro, della lunghezza giusta. Ma sì, l’indomani sarei andata da una mia amica (sia troia che tosta) col ragazzo audace e le avrei chiesto un favore: il suo uomo sarebbe andato su mia espressa richiesta in un sex shop a comprare per me, che ancora non potevo per la mia età, un nodoso vibratore di lattice. Io mi sarei limitata a pagarglielo con i miei risparmi dicendo di che dimensioni lo volevo. Quei disegni mi avevano fatto scoprire il piacere della masturbazione solitaria. Come avrà fatto, mi chiedevo, quel segaiolo di mio fratello a riprodurmi così bene il sesso e l’ano? Certo non è un anatomo patologo. Quando Carlo tornò dalla gita non trovò il porno dove lo aveva lasciato. Poverino. Forse era convinto che i nostri genitori glielo avessero scoperto. Era pallido, non per il porno che pure non avrebbe potuto leggere a rigor di termini, ma per quei disegni … non riusciva a capacitarsi che i nostri genitori lo trattavano come se niente fosse. E certo ! Mica lo sapevano ! Provai a mettere alla prova la sua intelligenza di maschietto imbecille !... Gli sistemai il porno sotto il cuscino. Lo trovò andando a dormire … ma quanto ad intelligenza !... Sì … buona notte ! Ancora sembrava non capire … Lo vidi sempre più preoccupato. Poi un pomeriggio che era uscito con gli amici per spezzare un po’ la tensione gli mandai un sms con scritto che i suoi disegni li avevo io, li custodivo bene, e che i nostri vecchi non ne sapevano nulla. Mi arrivò la sua risposta: un sms vuoto. Beh in fondo era meglio non commentare. Quando tornò a casa eravamo di nuovo soli in cucina. Io stavo lavando dei bicchieri Lui, andò verso il frigorifero ad aprirsi un succo di frutta per non incrociare il mio sguardo, poi prese coraggio e mi disse imbarazzato con la voce veloce per non apparire emotivamente strozzato:
“… me li restituisci?”
“Cosa?”-mi misi a fare l’indiana. Lo ignoravo pensavo alle stoviglie.
“I disegni ! … Cosa!”
“Sì li ho visti ! Sei proprio bravo! Complimenti ! Davvero !”
“… ma mamma e papà che dicono ?...”
“Che devono dire ? Mica lo sanno !”
“Come …?”
“Ti hanno detto niente ?”
“No.”
“Infatti io non gli ho detto niente …”
“Perché?”
Ignorai la domanda continuando a sciacquare le stoviglie. Poi chiusi l’acqua, mi asciugai le mani e gli dissi:
“Senti, ma ti sei innamorato di me ? Da quella pippa che ti feci è passato un oceano … sai ?!”
“… e …”
“Allora ?”
“Beh … ti scoperei se potessi … di questo sono certo !”
“Ah ! … ma allora perché non ci provi ?! … Dai toccami su … io sono qualcosa di più di un disegno ! Sentila la mia carne dai ! Di che hai paura ?!...non lo dirò in casa, non dissi mai nemmeno della sega !”- Lo provocai a bella posta. Avevo alzato la posta sbottonando un paio di asole alla camicetta. Cerco di toccarmi il seno destro. E gli assestai un ceffone rapido e deciso, di palmo. Non si mosse. Era normale dopotutto. Arrossì. Capì la mia reazione. Poi gli dissi di venire con me nella mia stanza. Dovevo ancora interrogarlo; molte cose avrebbe dovuto dirmi. Gli dissi di sedersi e gli diedi un foglio di quaderno che tenevo nel cassetto. Gli chiesi decisa:
“Avanti ! Fammi vedere come disegni la mia fica … era troppo precisa quella che si vedeva persino nella mia pecorina … tua sorella in quella posizione ! Vergogna !...allora dimmi come hai fatto !”
“… come ho fatto ? Con le mani !”
Minacciai un altro ceffone e lui aggiustò la risposta.
“Te l’ho guardata dal bagno molte volte da quando hai le forme e i peli …”
“Disegna … Su dai !”- Ero brusca, lo maltrattavo e ci godevo un mondo, un po’ doveva soffrire. Io invece lo comprendevo e lo avevo già perdonato. Non glielo detto ancora oggi, ma col massaggio della vista, la prima vista, dei suoi disegni non avevo mai goduto tanto in masturbazione. Guardai la sua mano disegnare in tre minuti la mia fica e la forma del mio clitoride. Ripresi a interrogarlo.
“… Come fai a sapere che è fatto così ? Il mio clitoride è proprio così non te l’ho mai mostrato … come fai a sapere come sono quelle labbra ? Come fai ?”
“… non me lo chiedere Daria !”
Gli assestai un altro ceffone.
“Vaffanculo Daria !...basta!”
“Fanculo tu stronzo !”- Lo percossi sulla sedia reggendolo saldo per la spalla.
“… basta! Te lo dico ! Ti ho narcotizzata col sonnifero di papà, e ti ho fotografato la passera mentre dormivi …”
“Col sonnifero ? E come l’ho preso ? Io non me ne ricordo …”
“Ne avevo prese io di nascosto 2 pillole …”
“Due ?...il dosaggio è stato di due ?”
“Sì,… papà non ci fa troppo caso se ne manca una la settimana. Per cui due settimane prima ho cominciato col procurarmene una. L’ho messa nella stagnola e sette giorni dopo ho preso l’altra … poi le ho polverizzate, e te le ho messe nella minestra che cucini tu di solito una sera di un … che erano ?... sei mesi fa nemmeno … - … insomma una sera che i nostri genitori non c’erano. Ti accompagnai io stesso a stenderti. Non sospettavi nulla. E dieci minuti dopo, sperando che non tornassero loro all’improvviso, ho cominciato a toccarti e siccome non ti svegliavi ti ho spogliata un po’ per volta, guardata, straguardata, cambiata di posizione, e fotografata … avrei voluto pure assaggiartela ma poi ho desistito …”
“… perché?”
“Avevo paura che ti svegliassi all’improvviso, non potevo rischiare. Mi limitai a farti le foto; avevo paura anche che il flash ti svegliasse per cui l’ho disinserito. Mi ero fatto dire i giusti tempi di scatto da un mio amico che fa le fotografie con degli sms … non volevo che venissero mosse. Mica potevo narcotizzarti un’altra volta se venivano male … ”
“Ah ! Ho capito chi è ! ... quello che fa le foto continuamente al mare … quel cretino ha visto queste foto ? ”
“No. Non gli dissi mai a chi le stavo facendo … solo dove … e gli dissi senza flash ! E lui mi ha mandato un casino di coppie tempo-diaframma …”
Non dissi nulla. Mi limitavo a fare la faccia truce. Ero arrabbiata ed al tempo stesso intimamente ammirata dalla sua metodicità. Un vero maniaco!
“E il rullino ?”
“Non c’è … mi sono fatta prestare la digitale da Franco … ne ha una bellissima da 7 megapixel, tutta di color metallo biondo … ce l’aveva anche l’altro... la sua però non me la volle dare … ”
Ignorai sia la descrizione della fotocamera, che quello stupidotto con le fotocamere di cui parlava lui, che del resto conoscevo appena. Continuai ad interrogarlo. La padrona della conversazione ero io.
“E i file ?!”
“Li ho scaricati sul computer. Poi ho formattato la flashcard e ho restituito la fotocamera a Fr …”
“Sul tuo computer ?”
“Sì !”
“Andiamo, mostramele avanti !”
Andammo nella sua stanza e gli feci accendere il suo portatile; ossia quello che gli aveva regalato usato nostro padre. Mi mostrò i file. Ben 28 foto di me nuda con alcuni particolari della mia fica fotografata molto da vicino. Cosce, seni, culo con i miei occhi ben chiusi. Mutandine e pigiama calato sopra e sotto. La foto che mi offese di più era quella in cui si vedeva la sua mano sinistra che mi scostava una natica per riprendere il mio roseo sfintere. Lui ormai era rassegnato alla mia reazione. Teneva la testa bassa. Feci finta di calmarmi e gli chiesi:
“Quei file può vederli chiunque ?”
“No. Sono criptati. … Vuoi la password ?”
Ignorai quest’offerta. Giocava all’esperto tecnologico … Dovevo fingermi arrabbiata. In realtà mi faceva piacere essere guardata nuda, escludendo lo sfintere, ma non potevo lasciarglielo sospettare.
“Li hai messi sul web ?”
“No.”
“Giuramelo !”
“Lo giuro ! Veramente !”
Continuai a riempirlo di ceffoni almeno un altro po’. Quindici forse. Ero sua sorella maggiore e lui mi aveva narcotizzata per carpire il mio sesso e le mie intimità nei particolari. Non avrebbe dovuto mettermi in pericolo col sonnifero. Delle foto non me ne importava; la narcosi però era inaccettabile. Lo feci rialzare dalla sedia ed uscimmo dalla sua stanza. Mi misi a prenderlo a calci di santa ragione fino in cucina. Perse l’equilibrio per le mie percosse. Lo aiutai a rialzarsi e gli diedi un pugno risolutivo, ultimo, finale, sullo stomaco. Volevo farmi vedere incazzata nera. Poi lo lasciai solo. E prima di andarmene gli dissi:
“I disegni per ora li tengo io. Tu se vuoi fatti le seghe sulle foto !...Anzi se censuri le foto cancellando il mio volto le puoi pure mettere su internet dicendo che sono la tua ragazza. Ma non azzardarti più a narcotizzarmi. O ti rovino! Giuro ! Ti mando all’ospedale, giuro, e quando ti dimettono ti butto fuori di casa! Guarda che in casa mi ascoltano ! ”- E lo lasciai appoggiato dolorante al tavolo della cucina sbattendo la porta. Frignava, ma non diedi peso al suo pianto.
Mezz’ora dopo mi ero calmata e gli dissi di vestirsi. Saremmo usciti assieme. Lui eseguiva passivamente in silenzio. Non salutava nessuno che incontrasse. Era in uno stato di trance. Due ore di passeggiata per vetrine, per lo più silenziosa al centro storico, e dopo sotto un albero della vicina grande piazza seduti su una panchina di sera, lo abbracciai e lo baciai dappertutto. Gli misi la testa sul mio seno, e ce la tenni quanto voleva lui tenendo con leggerezza la mano sui suoi capelli. Era ancora sudato per la tensione di prima. Poi dopo una ventina di minuti facemmo per tornare a casa. Gli dissi:
“Ti restituirò quei disegni presto. Contento ? … le foto però … censura il mio volto !”
“Eh …?”
“Cancella il mio viso e spera che non te le veda papà se no sono veramente casini …”
“Ma allora … non sei più arrabbiata ?”
“No, tonto, no … Anzi potrai vedermi ancora nuda a … debita distanza …”
“Sì …?”
“Ad un patto ! ”
“Quale?”
“Devi farmi un ritratto ! Mentre me lo fai, finché non è finito, non potrai mai toccarmi …”
“Tutto lì?”
“… no devi ritrarmi nuda ! “
“Nuda ?”
“Sì, ma senza fotografarmi ! Devi farmi il ritratto dal vivo e senza, ripeto, toccarmi.”
“Dal vivo ?”
“Sì come i ritrattisti di Piazza Navona, a Roma! Io me li ricordo !”
“Nuda ?! Veramente ? “
“Nuda. Allora te la senti ?”
“Sì …”
“Un bel cartoncino 50x70! Lo voglio avana chiaro …”
“Va bene. Domani lo compro.”
“Ora torniamo a casa. Se loro non ci sono ancora ti faccio vedere e toccare il mio corpo. Poi più niente fino alla fine del ritratto.”
Lo baciai più volte sulle guance, ormai era pace fatta; gli diedi pure un lungo bacio sulle labbra per abituarlo alla mia saliva; in futuro chissà … pensavo. Qualcuno avrebbe potuto vederci. Comunque suonò il cell. Era nostra madre. Diceva che stasera forse avrebbe dormito dalla nonna, - ottimamente allora!- pensai. Nostro padre era di servizio a Brindisi, per cui eravamo soli e liberi. Tornammo a casa. In ascensore lo baciai di nuovo e lo leccai pure dentro l’orecchio. Entrammo. Chiusi la porta a chiave dietro di noi. E me lo portai in camera mia facendolo sedere sul mio letto. Frugai di lato sotto il materasso e ne estrassi un mio giocattolino. Gli mostrai il fallo di lattice che mi avevano comprato gli amici. Glielo misi in mano perché ne saggiasse la durezza con le sue manine da ex segaiolo. Seppe solo dire:
“Cazzobestia! E quello ? Come l’hai avuto ? Sei diventata cosa …?”
“Non è affar tuo !...comunque da qualche tempo mi trastullo anche con questo!”
“Ma …”
“Ma ?”
“Ehi ! Mamma e papà lo sanno ?”
“Credo di no! E poi lo tengo sempre ben nascosto!”
“E dove ?”
“… basta domande !”
“Vuoi vedermi da vicino mentre mi masturbo con questo ?”
“Va bene ! Ci sto ! Quando ?”
“Ora, ora !”
A mio fratello non lo dissi mai, ma il fallo nodoso di lattice lo tenevo sempre tra il letto e il materasso quando ero in casa. E usavo anche portarmelo dietro. Tanto a differenza di Carlo io il letto me lo sono sempre fatto da sola; evitando così le incursioni-ispezioni di nostra madre. Di fatto si fidavano di me. Di lui non so; ma gli era andata comunque bene fino a quel momento. E lasciando quei disegni dentro il porno sotto la lavatrice aveva corso un bel rischio; o forse no. Credo che i nostri genitori quei porno glieli considerassero normali e lui ufficialmente, per la cronaca, non mi molestava mica. Fratello curioso, ma non cattivo, escludendo la narcosi. Ma sì nessuno ci diede peso anche se nel mio caso galeotta fu la curiosità tutta femminile nonché la noia. Io intanto mi ero spogliata davanti a lui . Ero nuda. Il mio snello corpo a mezzo metro dalle sue mani, dal suo naso, dal suo pisello. Non osava toccarmi, per paura di altri schiaffoni forse, e secondo me avrebbe voluto toccarmi eccome. Era solo due anni più piccolo di me. Accennò n succhio di capezzolo al mio seno acerbetto. Lo lasciai fare un minutino poi lo staccai io stessa. Mi serviva spazio fisico. Un misto di timore reverenziale forse lo indusse a non contrariarmi; Quel demone maligno che aveva migrato qualche giorno prima da quei fogli fin d
 
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